Wednesday, October 26, 2005

Il mio comodino parla di me meglio di quanto non riuscirei a fare io.
E più onestamente.
Ci penso da giorni al risveglio.
E dal letto mi ritrovo a passare in rassegna con un occhio ancora chiuso le macchie circolari lasciate dalle troppe tazzine di caffè che mi sono fatta portare a letto, chiedendomi che ci facciano lì un paio di mutande usate buttate sopra una boccetta di profumo al muschio bianco.
Allungo il braccio e raccolgo un sasso bianchissimo che, per chi avesse visto "Pelle di Luna" di Marco Baliani, è una lacrima di luna sottratta alla scenografia.
Lo riappoggio sulla collezione di frammenti del monte Toc che ho recentemente importato dal mio ultimo viaggio alla diga del Vajont.
Passo in rassegna i libri impilati in bilico: "Libertà e necessità" di Joan Robinson,"L'amore non guasta" di Jonathan Coe, "Cavie" di Chuck Palaniuk, "Ogni caso" della Szymborska e "Gli scarafaggi non hanno re" di Weiss.
Su tutti c'è l'ultimo che sto leggendo "La Famiglia Winshaw" a minacciare l'equilibrio della lampada.
Cosa contengano i due cassettini non voglio neppure saperlo, ma hanno appiccicato un brutto adesivo a cui ho finito con l'affezionarmi, e un post-it su cui qualcuno ha scritto "zoccola!".

E come ogni mattina, sorrido nel leggerlo e penso che sia l'ora di alzarsi.
E anche di cambiare le lenzuola prima di ritrovarmi con il letto appiccicato alla schiena...

1 comment:

Andrea said...

ultimamente mi riconosco nelle situazioni descritte nei tuoi post. Il problema è capire se esserne felice o meno...